Piove. Mille lacrime scintillano sul vetro della finestra della mia camera. Tra le tende quasi trasparenti, intravedo una scena che si ripete ogni minuto, ogni secondo. Una donna vestita di nero è seduta sotto una grande quercia. I capelli grigi celano gli occhi, il suo sguardo è vuoto.
Guardo un'altra volta dalla finestra. Piove ancora. Non ci sono uccelli. Nessun canto libero. E tutto sembra finito, devastato. Vicino all’albero c’è una croce di legno in cui la scritta di un nome maschile lotta contro il passare del tempo. La pioggia e il freddo lo hanno segnato, come il viso della donna che non smette di piangerlo.
Continua a piovere. L'acqua suona un triste motivo, monotono e continuo, quando colpisce le foglie morte, che giacciono sotto la quercia, inermi sull'erba bagnata. Accompagnano il dolce lamento che accarezza instacabilmente le labbra dell'anziana donna che è sempre seduta sotto il grande albero, con il suo vestito nero, con lo sguardo vuoto. E passano le ore, i giorni, gli anni. E ancora piove.
Un nuovo giorno è arrivato come ogni altro. Dalla finestra della mia stanza riesco a vedere la grande quercia e un filo di sole filtra timidamente tra i rami del vecchio albero e illumina la croce di legno. È un mattino particolare e un uccellino comincia a cinguettare allegremente. La donna non c’è più. Ha smesso di piovere e nel cielo ci sono due persone che si abbracciano e volano.
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