miércoles, agosto 01, 2007

Che cosa è l’amore? Che cosa è il destino? È tutto il destino?

È proprio così, siamo due sconosciuti incontrati per caso in una stazione. Ci possiamo amare subito? Senza domande? Senza parole? E che cosa è l’amore? Se non per tutta la vita, serve anche per un attimo veloce? Per un battito di ciglia? I soliti “Ti Voglio Bene” sono anche parole vuote? E siamo come gocce d’acqua, come lacrime di cuore; dolce, salate, fredde, incolore. Ed è tutto il destino?

Che cosa è il destino? Che cosa è l’amore?

Passo la sera aspettando una voce, aspetto e aspetto e arriva la notte. Nella lontananza la mancanza si fa distanza. Ma che distanza? La distanza che fa dimenticare, la distanza che raffredda, la distanza che punge, che ferisce, che affetta, e sono sempre lontana...

E spunta quell’amico, quello che non molla, quello che ascolta, che capisce, che conforta. Quello che ha sempre presente le date, le cose importanti, sia d’inverno che d’estate. E suona il telefono, ma è sempre l’amico, emozioni frustrate e a lui glielo dico. Mi chiama ogni sera, “Buonanotte, sogni d’oro. Non essere triste, io ti voglio bene tesoro”. Ma io non lo sogno, perchè non lo amo. Le sue parole si fanno lunghe e subito ci salutiamo. E aspetto e aspetto e si fanno le tre, e a ogni secondo ho più bisogno di te. Volto il mio cuscino, giro le lenzuola e continuo ad aspettare una sola tua parola.

Arriva il giorno e un’altra volta c’è una voce che mi sveglia dal sonno. È ancora l’amico che si fa eterno e non riesce a svegliare le mie farfalle dentro. Quello lo fai tu, con il tuo silenzio. Ma lui c’è sempre vicino, presente, e tu invece… niente.

Come si fa ad avere un rapporto con il telefono se questo non squilla mai? Come faccio a fidarmi d’una voce lontana, dispersa? Mi farai soffrire? Stavolta sarà diversa?

E ancora aspetto, e sogno, e aspetto..

E che cosa è l’amore? Che cosa è il destino? È tutto il destino?


jueves, julio 19, 2007

Soffi d'aria

Soffia il vento e tutto muove
foglie, capelli, lettere d'amore.
Soffia il vento e niente resta
né baci, né parole, né i pensieri in testa.

viernes, mayo 04, 2007

Libertà vs. tolleranza

Tempo fa stavo cercando il significato di alcune parole sul dizionario ed ho scoperto che sono razzista. A dire il vero tutti siamo un po’ razzisti. Secondo il dizionario della RAE, razzista è una persona che ingrandisce il senso razziale d’un gruppo etnico, specie quando questo gruppo condivide spazio con altri gruppi. Perciò, il razzismo non è sbagliato, ma tutt’altro. Il razzismo permette di fare uno studio ed una descrizione antropologica delle razze e dei paesi. Il razzismo permette di fare verifiche dei progressi di certi gruppi e l’inattività di altri. Chè c’è di sbagliato nell’ingrandire e plaudire i progressi ? Il colore è soltanto una scusa facile per menti sciocche. E di sciocchi ne è pieno il mondo.

Ed è per questa ragione che mi chiamo razzista, perchè io discrimino quel gruppo etnico che fa distinzioni per il colore della pelle. Il razzismo possiede soltanto un senso negativo quando la cattiveria umana è presente e vuole imporre per forza quel pensiero razziale.

Ogni nazione tifa per la loro squadra di calcio e non vengono chiamate razziste.

- É normale tifare per la propria squadra-.

Se tuo figlio disputa una gara insieme ad altri bambini della sua età, gli altri genitori non si arrabbiano con te solo perchè tifi per tuo figlio.

- È normale, è mio figlio-.

Ma se ingrandisci il senso razziale del tuo gruppo etnico piovono gli insulti del nuvolone sociale che è il gruppo dei non-razzisti con la loro massima “libertà e tolleranza”.

Queste due parole sono completamente contrarie. Non esiste libertà con tolleranza. Il ragazzo della Sierra Leone che scappa dalla morte e percorre un deserto, scavalca frontiere di sei metri rischiando la vita senza fregarsene delle ossa rotte e della carne sanguinante. Arriva in Spagna e trova un male minore, il razzismo. Secondo me il razzismo fa più male ai “non-razzisti” che al ragazzo della Sierra Leone.

Per questo, da qualche tempo, i “non-razzisti” pronunciano queste due parole in tutti i telegiornali, dibattiti, leggi, ecc. “Libertà e tolleranza”, unite per una congiunzione. Un’unione che io vorrei far sparire, così le due parole ognuna lontana dall’altra, riottengano il loro vero significato.

Ancora con il dizionario tra le mani ho scoperto che tolleranza significa:

1. Soffrire, subire con pazienza.

2. Permettere una cosa illegale senza esprimerlo pubblicamente.

Nello stesso modo in cui un padre tolleri che suo figlio di cinque anni lo sgridi, o che un ragazzo tolleri che i suoi amici ridano di lui per essere più fighi, o nello stesso modo in cui una donna tollera mille soprusi da suo marito, il razzista che non vuole essere chiamato razzista chiama a se stesso “tollerante”.

Tolleranza è la parola più razzista che conosco, perché tollerare significa sopportare gli altri. I “non-razzisti” si chiamano tolleranti, cioè, che sopportano. Sopportare è una parola negativa ed ha un certo odio o disturbo verso gli altri. Per questa ragione la parola tollerante è negativa a sua volta.

Dire “io sono tollerante” è uguale a dire “io tollero i neri, i cinesi, gli indiani…” e così si fanno distinzioni. Quando si parla di bianchi non si dice tollerante, anche se tante volte dobbiamo sopportare i vicini fastidiosi, figli maleducati, mamme pesanti… ma non li mettiamo nel sacco della tolleranza perché sono “cosa nostra”. Ho amici cinesi. Non so per quale stupida ragione gli spagnoli chiamano le femmine d’origine cinese “chinitas”. Questa parola le fa arrabbiare, e capisco perchè. Sicuramente un nero del Senegal si arrabbia se viene chiamato “negrito”, così anche il figlio del nostro vicino Manolo, quello che viaggia così tanto, si arrabbierebbe se a Marrakech un arabo dicesse al suo bambino che è uno spagnolito molto buffo.

Abbiamo due opzioni; imitare i polpi e i camaleonti e dipingere noi stessi dello stesso colore del gruppo razziale dominante, o andare avanti realmente e dimostrare che siamo veramente razzisti perchè discriminiamo quelli che non hanno capito ancora che la pelle è solo una buccia e che la cosa più importante è dentro alle persone.

Per tutto questo ripeto ancora che sarò razzista finchè non ci sarà diversità invece di uguaglianza, finchè non ci sarà integrazione invece di tolleranza. Perché integrare significa completare un tutto con delle parti che mancano, ed è proprio quello, siamo un puzzle, ma alcuni bambini cattivi hanno scambiato i pezzi.

Nonostante tutto mi piace pensare che alla fine arriverà la loro mamma, quella mamma pesante che tutti tolleriamo, e gli dirà che il puzzle gli appartiene e gli chiederà di curare i pezzi perché ogni pezzo fa parte d’un tutto e senza di esso il tutto rimane incompleto.

miércoles, mayo 02, 2007

Falco a metà

Come compito per la scuola di lingue dovevo parlare dell’Italia, la sua musica, della sua arte, l’atmosfera, la gente, la cultura. Ma ogni volta che voglio parlare di qualcosa mi vengono in mente canzoni italiane. Ed è per questo che voglio fare un paragone tra una canzone italiana ed una storia reale che potrebbe capitare in qualche città, in qualche paese. Perchè le canzoni italiane hanno questa magia speciale, come questa che segue:


Falco A Metà
Sono seduto su un grattacielo
vedo gli aerei passare
poi guardo giù voglio saltare
voglio imparare a volare

E allora volo via
siamo in viaggio io e la mente mia
guardami ho già spiccato il volo
ed ora sono proprio sopra casa tua
il falco va senza catene
fugge gli sguardi sa che conviene
e indifferente sorvola già
tutte le accuse, boschi e città
Io che sono falco
falco a metà

Son di nuovo sul grattacielo
ed ho imparato a volare
se guardo giù quello che vedo
ora è la gente passare
e chissà se questo è
il segreto per vivere con me
seduto su un grattacielo devo stare
in alto come un falco
per non farmi catturare

Ma il falco va senza catene
fugge agli sguardi sa che conviene
e indifferente sorvola già
tutte le accuse, boschi e città

And so my friends
libera le ali ogni anima le ha
rubale alla libertà
il falco va senza catene
fugge agli sguardi sa che conviene
e indifferente sorvola già

tutte le accuse, boschi e città
io che son falco
falco a metà


Stavo pensando a cosa scrivere per il compito mentre ascoltavo della musica italiana. Non riuscivo a pensare ad altro che ad una storia bellissima e molto triste. Ha a che fare con l’Italia, ma anche con il resto del mondo. E alla fine cosa sarebbe il mondo se non esistesse la musica? Questo compito comincia così:

A volte, nella vita ci sono sfide.

A volte, l’età di chi lotta non è quella giusta.

A volte, è il momento quello sbagliato.

A volte, il problema è troppo complicato.

E altre volte, è la società che non vuole capire il vero senso delle cose.

Giustamente come succede in questa canzone, e come succede tante volte nella vita normale. Ci sono leggi fatte da chi non conosce il mondo. Ci sono leggi che vengono imposte per gente che non cresce, gente che si ferma ad un tempo e non vuole aprirsi ai cambiamenti.

"Falco A Metà" esprime il desiderio di essere se stessi in una società che tarpa frequentemente le ali. Ma se questo mondo limita la nostra personalità, è meglio trovare un'altra meta, o magari un’altra metà.

L’amore è il sentimento più bello nel mondo. Si può sentire amore per un padre, e si chiama amore paterno, i genitori sentono amore per i figli, e si chiama amore filiale. C’è anche un amore verso gli animali, le piante, il pianeta, i vicini, gli amici....

Ma fra di tutti c’è un amore speciale, un amore che ti fa sentire delle cose che non ti fanno sentire gli altri amori. Parlo d’un amore che mescola amicizia, timidezza, segreti, pensieri unici mai avuti per un’altra persona, e soprattutto, la cosa che differenza questo amore di tutti gli altri è un forte sentimento di possessione.

È giusto ciò che è succeso a due ragazzini, Søren e Giovanna.

Søren è danese e figlio di un pastore testimone di Geova. Lui abitava con la sua famiglia in qualche parte in un paese italiano, ma nessuno dei suoi amici sapeva esattamente dove. I suoi genitori non gli permettevono di assitere alle feste, né alle gite in montagna che organizzava la scuola. Søren non poteva assistere ai balli né poteva andare dai suoi amici perchè la sua famiglia gli aveva sempre detto che era peccato.

Søren, nella sua gioventù, non capiva perchè i suoi amici potessero divertirsi e andare alle feste e lui invece dovesse restare a casa. Però non era un problema troppo grande per lui. Almeno prima di tutta questa storia.

Un giorno Søren entrò in classe e salutò Giovanna, e qualcosa dentro di lui fece che le sue mani tremassero. Perché?? Giovanna quel giorno sembrava diversa, era... bella!!??

Sì, quel ragazzo di 16 anni aveva trovato bella una ragazzina di solo 12 anni.

- Ma com’è possibile?? Se lei è più piccola di me... Ma è così tenera.... Ma no!! E poi, è anche cattolica!!!

Søren quella notte non dormì. Nella sua testa giravano soltanto due cose: Giovanna, e la faccia arrabbiata di suo padre. Ma il pensiero di Giovanna era più forte.

Allora Søren, decise di dare retta ai suoi bisogni di parlare con lei. La mattina dopo, approfittando d’un momento di tranquillità nei corridoi della scuola chiamò Giovanna e le chiese di uscire insieme. Fu un successo!! Lei disse di sì e diventarono una coppia. Ma, una coppia strana, perchè non andavano mai nei soliti posti dove vanno i ragazzi. Lui la portava al mare, al porto, al fiume, facevano lunghe passeggiate in bicicletta... Giovanna moriva dalla felicità. Søren non era uno come tanti, ma era “Lui”!! Quello che aspettava sin da piccola. Eh sì, anche se aveva 12 anni Giovanna aveva sognato il suo principe azzurro tutta la vita... dagli otto anni fino gli undici aveva avuto un “ragazzo”, ma questo bambino non era il tipo di ragazzo ideale, nel senso che anche se lui la voleva bene era troppo piccolo per capire i pensieri di Giovanna.

Søren, invece, sapeva molte cose della vita e aveva tanti begli obbietivi per il futuro, nel quale Giovanna era il centro di tutto. Ma, un giorno, Søren suonò il campanello di casa di Giovanna e le chiesse di scendere per parlare.

Se ne andava. I suoi genitori tornavano in Danimarca e lui doveva accompagnarli. Neanche un bacio sulla guancia... soltanto un addio ed un’ombra di tristezza sul viso.

Il falco fu ancora catturato. Tarparono le sue ali quando sembrava che tutto stesse cambiando, che lui stesse cambiando, che la sua famiglia stesse cambiando. Invece no. Se ne andò.

“e indifferente sorvola già tutte le accuse, boschi e città

Io che sono falco, falco a metà”

Aveva davvero sorvolato le accuse, soprattutto quelle di suo padre, ma ancora era un falco a metà.

“libera le ali, ogni anima le ha, rubale alla libertà”

Dopo due anni Søren tornò, la cercò e la trovò, ma lei aveva decisso di non soffrire più e le disse addio per sempre. Dodici anni dopo ho sentito dire che Giovanna a volte pensa ancora a lui e le manca. Quante volte ha preso carta e penna e poi ha buttato la pallina di carta nel cestino. Cosa c’è scritto in tutte quelle palline di carta...?

“Scusa ma io ero troppo piccola e tu troppo impegnato.”

“e chissà se questo è

il segreto per vivere con me

seduto su un grattacielo devo stare

in alto come un falco per non farmi catturare”

Ormai il falco trascende le leggi del mondo reale. Non esiste uomo in grado di minacciarlo. È impossibile che qualcuno ci riesca. Ma chissà se è già troppo tardi.

martes, mayo 01, 2007

Pioggia

Piove. Mille lacrime scintillano sul vetro della finestra della mia camera. Tra le tende quasi trasparenti, intravedo una scena che si ripete ogni minuto, ogni secondo. Una donna vestita di nero è seduta sotto una grande quercia. I capelli grigi celano gli occhi, il suo sguardo è vuoto.

Guardo un'altra volta dalla finestra. Piove ancora. Non ci sono uccelli. Nessun canto libero. E tutto sembra finito, devastato. Vicino all’albero c’è una croce di legno in cui la scritta di un nome maschile lotta contro il passare del tempo. La pioggia e il freddo lo hanno segnato, come il viso della donna che non smette di piangerlo.

Continua a piovere. L'acqua suona un triste motivo, monotono e continuo, quando colpisce le foglie morte, che giacciono sotto la quercia, inermi sull'erba bagnata. Accompagnano il dolce lamento che accarezza instacabilmente le labbra dell'anziana donna che è sempre seduta sotto il grande albero, con il suo vestito nero, con lo sguardo vuoto. E passano le ore, i giorni, gli anni. E ancora piove.

Un nuovo giorno è arrivato come ogni altro. Dalla finestra della mia stanza riesco a vedere la grande quercia e un filo di sole filtra timidamente tra i rami del vecchio albero e illumina la croce di legno. È un mattino particolare e un uccellino comincia a cinguettare allegremente. La donna non c’è più. Ha smesso di piovere e nel cielo ci sono due persone che si abbracciano e volano.

Volere

Vorrei scrivere qualcosa in italiano

Proprio stasera che ho voglia di te.

Vorrei dirti tante volte che ti amo

Anche se solo una fosse vera vorrei.

Vorrei sentirti dire ogni tanto che ti manco

E che non riesci a vivere senza di me.

Vorrei avere più vicina la tua mano

Quella che cerco e purtroppo non c’è..

lunes, abril 16, 2007

sábado, febrero 03, 2007

Palabras

Palabras lindas, palabras locas
palabritas, palabrotas.
Palabras de niña, palabras de vieja
palabrillas, palabrejas.